Il treno dei desideri: l’elettrotreno Etr 300 costruito dalla Breda
Il treno del futuro
Nel 1968 Adriano Celentano cantava, nella canzone “Azzurro”, di un treno dei desideri che, nei suoi pensieri, gli avrebbe permesso di ricongiungersi alla sua amata, recatasi al mare lasciandolo solo in città a lavorare. Forse Paolo Conte, a cui dobbiamo il testo di questa melodia così evocativa, aveva in mente un treno particolare quando si accinse a buttar giù i versi della sua composizione, forse quel treno aveva le forme arrotondate e avveniristiche di un veicolo italiano che da alcuni anni viaggiava sulla rete ferroviaria nazionale e che aveva riscosso un quasi unanime plauso dal momento in cui aveva iniziato a circolare.
Quel treno si chiamava tecnicamente Elettrotreno 300 ed era stato prodotto a Sesto San Giovanni (Milano) nelle officine della Breda su commessa delle Ferrovie dello Stato. Era stato progettato a partire dal 1948 quando ancora non tutta la rete ferroviaria italiana era stata completamente ricostruita, dopo i gravi danneggiamenti dovuti alla seconda guerra mondiale (il 30% delle linee distrutte). Si trattava, per l’epoca, di un progetto assolutamente innovativo in un contesto sociale ed economico ancora assai depresso. L’idea era quella di costruire il treno più moderno che avesse mai corso sulle strade ferrate: per questo la sua ideazione fu affidata a Giulio Minoletti, geniale architetto italiano.
Perché lo chiamavano "Settebello"?
Ci vollero circa cinque anni per portare a termine il primo convoglio dell’Etr 300 e nel 1952 fu effettuato il primo viaggio di prova insieme al progettista Minoletti e agli ingegneri e i tecnici della Breda: a bordo c'era anche una troupe della Rai che realizzò un filmato promozionale in collaborazione con Ferrovie dello Stato e con la regia di Romolo Marcellini - il documento originale dell'archivio storico della Breda è oggi depositato presso l'Archivio Nazionale cinema d'impresa di Ivrea ed è stato digitalizzato così da poterlo mostrare a studenti e studentesse durante i laboratori didattici in Fondazione ISEC.
Il 30 marzo 1953 fece il suo viaggio inaugurale, con partenza da Milano Centrale alle 9.50 e arrivo previsto a Napoli alle 18.45. Quel treno così diverso da tutti i mezzi in circolazione in quegli anni divenne per tutti il “Settebello”, un nome che gli era stato dato dalle maestranze della Breda che l’avevano costruito: forse perché composto da 7 carrozze (quattro riservate ai passeggeri, una destinata al servizio di ristorante e bar, una occupata dalla cucina, dal postale e dai locali accessori di servizio, una per il servizio di bagagliaio, che comprendeva anche altri locali come il compartimento telefonico e radiotelefonico, la cabina telefonica e la piccola bottega per la vendita di libri, giornali e riviste); o forse per un richiamo alla carta del 7 di denari, così importante nel gioco della scopa.
Due "belvedere" per un viaggio da sogno
Da allora fu possibile vedere sfrecciare lungo la penisola questo veicolo turistico di lusso lungo 165 metri, con 160 posti a sedere e in grado di viaggiare a una velocità di crociera di 160 km/h (ma poteva raggiungere i 180), con una cucina che offriva pasti freschi a più di 50 passeggeri alla volta. Esteriormente si presentava con caratteristiche del tutto nuove: il convoglio era bidirezionale e presentava due testate costituite da “belvedere” con ampie vetrate e cabina di guida sopraelevata; il belvedere poteva ospitare a turno 11 passeggeri su sedie girevoli a 360°, così da poter godere il paesaggio in posizione privilegiata. Il tutto conferiva alla motrice l’aspetto di un’enorme fusoliera di un aereo.
I lussi di un mezzo di trasporto unico
Gli interni non erano da meno, progettati da Giulio Minoletti e Gio Ponti con la collaborazione di artisti famosi. Gli scompartimenti erano veri e propri salottini grandi circa il doppio rispetto ai normali scompartimenti di 1ª classe: contenevano 10 posti distribuiti su 2 divani e su 4 poltrone individuali spostabili a piacere.
Per citare una brochure illustrativa della Breda:
“Tutto nel compartimento è stato studiato per dare all’ambiente un carattere di elegante intimità; pareti rivestite in vinilpelle grigio chiaro, divani e poltroncine ricoperte in panno azzurro, cielo in crema chiaro, tendaggi in tessuto ramié azzurro e grigio, pavimento ricoperto da uno spesso tappeto in lana color nocciola, illuminazione a fluorescenza con intensità più che tripla del normale entro canali in plexiglas lavorato, cassonetti per piccole valige o indumenti, nascosti dietro una artistica opera pittorica originale”.
Ovviamente, non mancava un efficiente sistema di condizionamento dell’aria e un servizio di diffusione avvertimenti, notizie, ecc. Gli scompartimenti e la carrozza ristorante-bar erano, come già accennato, decorati con acqueforti originali che costituivano una indubbia novità nel panorama ferroviario europeo. Il tono delle decorazioni variava “a seconda dei casi e mentre nel ristorante e bar si fece ricorso a colori vivaci, a soggetti simbolici o di fantasia, nei compartimenti si vollero invece ricordare le bellezze naturali e quelle artistiche che sono tanto frequenti nella nostra penisola”. Le opere erano state affidate ad artisti noti, come Gio Ponti, Enrico Ciuti, Riccardo Ricas, Francesco Santambrogio e la pittrice Antonia Tomasini.
Non un treno per tutti
Un vero e proprio treno dei desideri per la stragrande maggioranza degli italiani, che certo non potevano permettersi la spesa di un viaggio del genere. Si pensi che nel 1953 la tratta da Milano a Napoli costava 13.780 lire (nel 1955, quando già i salari erano stati rivalutati, un operaio al Nord guadagnava circa 43.000 lire al mese, al Sud gli stipendi erano di molto inferiori). Seppure destinato solo alla élite, il Settebello divenne uno dei simboli della rinascita italiana dopo la guerra, un segno della modernizzazione del paese, spesso affiancato nelle immagini pubblicitarie dell’epoca ad altri prodotti che iniziavano a comparire nelle case degli italiani, quasi un anticipo del cosiddetto boom economico della fine del decennio Cinquanta.
Alberto De Cristofaro
Le immagini e il video che illustrano il testo sono tratte da: